“L’Amore immune”, passione iperbolica che tutto sfida. L’ ultimo libro di Marco Salotti

Sonoro, il richiamo di “un inno patrio che risuona”. Intenso, come un profumo. “Mitsouko”? No, troppo materno. Semmai un effluveo corporeo, odoroso alla guisa di “un’ombra che ti lascia, come la vita a un certo punto”, capace di mancare come l’aria a un claustrofobico costretto in un appartamento. Tempi da coronavirus, da moderna peste, combattuta come secoli fa, con l’isolamento.  Non c’è arma contro un morbo nuovo e invisibile, non c’è rimedio all’amore totalizzante. Sembra questo dalle prime righe il contesto de “L’amore immune” (Il Melangolo) straordinario successo letterario di Marco Salotti, che tanto ci aveva ispirati già in  “Ti ucciderò dopo Natale”. Pagina dopo pagina le immagini si accavallano, come le dissolvenze incrociate tra un taglio e l’altro, in un film fin troppo vero e non mediato dalla distanza della storia, enfatizzato come se si usasse un grandangolo, ma senza filtri, senza stupidi hashtag semplificatori.

“L’amore immune” è il sentimento descritto da un uomo adulto che tutto prende e tutto chiede, che attira le mamme e le universitarie con la stessa febbrile veemenza. Un uomo che sa il valore del gioco, della rincorsa, con tanto di paraphernàlia erotici,  ma risoluto nel fermarsi, se opportuno, per sublimare un ricordo.  Non che l’amore sia salvifico, semmai essenziale, da portare sempre con sé, “cucito nella fodera della giacca come un avaro che prende l’autobus durante le ore di punta”, che non perde tempo e si nutre di sgombri. Già, quelli in scatola. Inusuale? Non troppo. Per lo meno non per chi si è chiuso per ore, per giorni, in due, nel dare sfogo al livore della passione dove tutto è concesso. Dirlo alla Celentano “Le briciole nel letto” fa kitsch, dirlo alla Salotti è tutt’altro: è un fuoco d’artificio di parole. Un lessico strabordante, che ti prende e ti lascia lì, attonito. Ricorda per assonanza Arbasino, mesce rimandi colti alle bizzarrie da Covid-19.

Questo romanzo d’amore del resto per Salotti “E’ una scommessa- ammette l’autore stesso- ho usato un modo eccessivo nella scrittura per rappresentare questo legame: un amore enfatico, iperbolico attraverso i termini adoperati, tramite le similitudini…La stessa donna amata non ha il suo vero nome nella trattazione, le vengono dati appellativi che risalgono addirittura alla mitologia, alla letteratura. Non c’è dunque  un solo aspetto sentimentale, ma un ambito letterario. Del resto l’amore è un moltiplicatore di linguaggi, si ritorna anche ad essere infantili. E’ come stare perennemente su un brucomela, su e giù tra le montagne russe”.

Ma facciamo un passo indietro, al celebre triangolo che regge il romanzo: io, lei…l’altro. A due amanti e a un marito distante. La più classica delle situazioni vista con la lente di Clio dell’indomabile arguzia, tipicamente nel dna di Salotti.

“C’è un io narrante come in altri miei lavori -spiega Salotti – Il protagonista, questa volta, insegna presso un Dams di provincia Teoria e tecnica dei Media, vive in un quartiere come tanti, con la madre, forse non è mai maturato davvero. Non ha figli, non pensa al futuro. Si riempie la vita dell’ossessione per la sua Adorée, andata in sposa a un altro, formidabile mente, Normalista superiore. Un amore che scorre sotterraneo in maniera carsica, una Fonte Aretusa (nell’Isola di Ortigia, dove mito e realtà si incontrano, ndr) e questo sbocciare o riaffluire dell’amore avviene in un momento drammatico al tempo del coronavirus”.  E’ la passione che ritorna o  forse non si è mai sopita, solo congelata.

Come non innamorarsi di Adorée e delle sue follie, del suo egoismo, del suo tenere tutti “al guinzaglio”   in un “celo , non celo” della follia amorosa? Una donna indefinita per molti versi, per altri precisamente dipinta alla De Nittis, che guarda sempre altrove. Facile identificarsi in alcuni passi, bello sognare in altri. Pensare a un ambiente dannunziano, tra il De voluptate di Lorenzo Valla  e le Stroncature del Papini oppure tra libri di cucina intervallati ad altri erotici.

“ Il contrasto alimenta l’amore -conclude Salotti-  nella fattispecie accade perché questi due amanti sono separati e, anche se il marito è assente, c’è il coronavirus. E’ un amore da clausura che esaspera l’immaginario, il dialogo, il desiderio. Si capisce a un certo punto che questo attaccamento contrastato segue in qualche modo la curva del virus: sale lentamente verso un picco che è l’esplosione del sentimento, però i due amanti capiscono anche che l’iperbole è destinata a precipitare, quando cesseranno le restrizioni della pandemia. Temono che il loro amore svanisca nella normalità essendo il loro rapporto una sorta di legame di emergenza, eccezionale, fuori dalle regole e dal calendario”.

A un certo punto sembra proprio di essere “fuori tempo, come un doppiatore che ha perduto il labiale”.