La scomparsa di Carla Fracci

Quando arriva la notizia che è mancata una persona come Carla Fracci si resta sconvolti e i motivi sono due, in primis la perdita di un grande personaggio artistico e la seconda che un personaggio così sembrava essere immortale, un po’ come la regina Elisabetta. Carla Fracci, la ballerina classica per antonomasia, era conosciuta anche da chi di danza non ne sa assolutamente nulla perchè un nome come il suo, accanto a quello di un altro mito, Rudolf Nureyv, sono nomi  che risiedono nel recondito di ognuno come dei topos incorporati nei nostri cervelli.

Per chi ne sa un po’di più  di balletto Carla impersonava  la più amata Giselle del secolo scorso, l’impareggiabile contadinella sedotta e abbandonata dal principe che poi pentito di aver causato la sua morte vivrà nel senso di colpa per tutta la sua vita. E in effetti la Signora Fracci è davvero stata la più grande Giselle del’900, tanto è vero che il teatro alla Scala l’aveva recentemente richiamata proprio per passare il suo testimone in questo ruolo alle nuove prime ballerine di oggi. E quelle due masterclass eseguite in streaming alla sala ballo del teatro milanese il 28 e 29 gennaio scorso, sono l’ultima apparizione pubblica della grande etoile.

1957 – Ai Parchi di Nervi, l’esordio della giovanissima Carla Fracci nel “Pas de quatre” accanto a Yvette Chauvirè, Alicia Markova e Margrethe Schanne

 

La fama di Carla Fracci è tale che è superfluo scendere nei dettagli di una biografia conosciuta al mondo in cui si è distinta come fantastica Giulietta, Swanilda, Francesca da Rimini e appunto Giselle. I suoi partners sono stati i più grandi ballerini dell’epoca  da Vladimir Vasiliev a Erik Bruhn (in quella famosa Giselle da cui nel 1969 ne verrà realizzato un film),  da Mikhail Baryshnikov  a Gheorghe Iancu, Amedeo Amodio, Paolo Bortoluzzi, e naturalmente il grande Rudy. Ma oltre alla carriera di ballerina la Fracci va menzionata anche per le sue importati direzioni del Ballo, quella all’Arena di Verona dal 1996 al 1997 e quella al Teatro dell’Opera di Roma dal novembre del 2000 al luglio del 2010.

Carla Fracci con Rudolf Nureiev

 

Ma io voglio ricordarla così. Era il 1969 quando venne a Genova al Teatro Comunale dell’Opera. Devo essere onesta non ricordo se in quell’occasione presentò Giselle o un altro balletto, quello che è certo è che quel lontano giorno ho avuto l’occasione di conoscerla personalmente, stringerle la mano e prendermi anche un bacino sulla guancia.

Avevo 10 anni e da quando ne avevo 4 frequentavo la Scuola di Danza Classica di Mario Porcile in Piazzetta Luccoli 23. Carla Fracci era un mito per tutte noi bambine che studiavamo danza, come lo è tutt’ora . Erano circa le 12,30 la mattinata scolastica era finita e io avevo raggiunto la mamma all’appuntamento al teatro Margherita come mi aveva detto di fare. La cartella rossa sulle spalle, i capelli lunghi e lisci tenuti su da una fascia rossa intorno alla testa, calzettoni di lana fino alle ginocchia ed una gonna scozzese che ancora ricordo pizzicarmi le cosce. Un grambiulino bianco con fiocco rosa sul collo e l’aria da “patatona“ di sempre. Busso piano alla porta della sala prove e a breve sento un voce femminile dire: “Avanti”. Lei era là, a un metro da me, la Carla nazionale! come una regina, con i suoi scaldamuscoli di lana rosa che le arrivavano fino all’inguine, una vestaglia intorno al corpo e quel viso d’angelo che ne faceva la sola degna di essere considerata la vera e diafana Giselle morta per amore. Mi guarda con simpatia e mi fa cenno con la mano: “Avvicinati, piccina. Come ti chiami? Fai anche tu danza?” al mio cenno di sì con la testa, si rivolge a mia madre e le dice: “Me la mandi a Milano, la bambina ha l’età giusta e il giusto fisichino per entrare alla Scala”. Mia madre rimase imbarazzata perchè credo non mi abbia mai considerata un talento nella danza. Uscita dal teatro io ero al settimo cielo! La Fracci mi voleva a Milano. Finalmente una rivincita per “la piccola fiammiferaia”. La morale della favola fu che di quell’invito a Milano non se ne fece nulla, i miei genitori  non mi concessero neppure di provare ad entrare all’Accademia milanese. E quando in seguito ebbi modo di ricordare questo alla signora Fracci, mi sorrise e mi disse: “Cosa ti importa, si vede che il tuo percorso era un altro. Adesso tu scrivi della danza e questa è una carriera che non ha fine”.

Grazie di tutto Carla.