Carla, ricordo sbiadito della Fracci

Da soli sei mesi abbiamo perso una delle più grandi danzatrici del XX secolo, Carla Fracci, e qualunque sia il modo per celebrare questa grande artista italiana è certamente gradito. Quindi quando è  giunta notizia (ancora prima della scomparsa della ballerina) che sarebbe uscito un film su di lei e la sua vita, tanto gli amanti della danza, quanto quelli che la conoscevano solo per nomea, ne sono stati  felici e curiosi.

Da quello che ne sappiamo pare che la signora Fracci sia stata invitata a seguire le riprese e pare abbia dato anche molte dritte alla sua alter ego, l’attrice Alessandra Mastronardi. Questo fatto doveva essere un garanzia, ma evidentemente anche la carismatica presenza dell’étoile non è bastata a offrire al pubblico un prodotto degno di ricordare quanto è stata e quanto ha fatto per la danza Carla Fracci.

Il film “Carla” con la regia di Emanuele Imbucci e liberamente ispirato all’autobiografia “Passo dopo passo” curata da Enrico Rotelli e pubblicata nel 2013 da Mondadori, propone uno sbiadito biopic che ripercorre alcuni episodi biografici della ballerina, da quando da bambina viveva in campagna con la nonna, al suo ingresso alla Scuola di ballo della Scala, e da qui il suo incontro col futuro marito Beppe Menegatti e il rapporto col collega  Rudolf Nureyev. Il guaio è che tutte queste vicende, che per altro si alternano su due piani temporali differenti, mancano di mordente, eppure sono indubbiamente momenti importanti della vita dell’artista.  Perchè ?…

Fracci e Nureyev nel film Rai

Il perchè non è da imputare alla povera Alessandra Mastronardi che chissà quanta fatica ha fatto per cercare di stare al passo (nel vero senso della parola) di Carla , ma al metodo con cui il cinema/la tv/la Rai affronta le biografie di celebrità. Carla non riesce ad appassionare né ad essere credibile per quella brutta tendenza del cinema/fiction di mostrare caricature di personaggi realmente esistiti che non gli somigliano neanche per sbaglio. Questo vale soprattutto per le figure di Luchino Visconti, Rudolf Nureyev, Eric Bruhn. Dal canto suo la Mastronardi sembra quasi in soggezione a dover reggere il confronto con la Fracci e la sua lettura del personaggio non va oltre il copione. Nel film di Imbucci di Carla Fracci non si supera il tratteggio, per questo non si percepisce mai la grandezza di questa grande donna, nè il suo genio nell’arte della danza, ciò che l’ha resa unica.

Chissà in quanti si sono chiesti se avrebbe giovato usare una vera ballerina al posto di un’attrice con il faccino un po’ somigliante, la cui parte inferiore nelle scene di danza  è stata sostituita da quella di una danzatrice dell’opera di Roma. Diciamo di  sì,  se, come in questo caso, si trattava della vita di un’artista di cui era necessario capire la straordinarietà, fin da bambina. Insomma si può concludere affermando che a questo film quello che manca è proprio Carla.

La vediamo di sfuggita nei titoli dei giornali che la celebrano, nelle foto e nelle immagini dell’archivio (per lo più RAI), e solo alla fine, quando scorrono i titoli di coda, arriva la commozione: lì in quei brevi frammenti finalmente ritroviamo lei e tutto quello che ci rimane  di quel talento straordinario  e indimenticabile.