“Occhio alle orecchie”, guida all’ascolto di Nicola Campogrande

“Funziona” per Giancarlo Schirru e non poteva essere scontato. Anche perché apparentemente “Occhio alle orecchie. Come ascoltare musica classica e vivere felici” (TEA, Mauri Spagnol) di Nicola Campogrande è sbilanciato tra una parte di “dura e pura” guida all’ascolto e un enorme preambolo tematico, alquanto interessante, adatto anche a chi di musica capisce ben poco. Magistrale la seconda parte con la scelta di dodici partiture: “dodici esempi – scrive l’autore – di come si può provare a smontare un brano per scoprire come è fatto, che mondo aveva intorno quando è nato, in che modo ragionava il suo autore e così via”.  Un excursus che inizia con Bach, Passione secondo Giovanni BWV 245, e  termina con Šostakovič, Concerto per pianoforte e orchestra n.2 in Fa maggiore Op.102.

Nella prima parte tante provocazioni indugiano a riflettere, a partire dalla celebre battuta: “Se un musicista non studia per un giorno se ne accorge solo lui; se non studia per due giorni se ne accorge anche il pubblico; e se non studia per tre giorni se ne accorge persino un critico musicale”.  Esiste dunque una pratica per fruire davvero dell’ascolto che, a ben guardare, è quanto di più immateriale possa esserci. Interessante soffermarsi sulla concezione di rito collettivo del teatro, come tentativo di condivisione, che invece rimarca semmai l’individualità nella fruizione, sovrapponendosi nell’esperienza fenomenica soprattutto l’inizio e la chiusura e poi aprendo ad una diversità della fruizione, dall’ascolto analitico al…distratto cronico, con la via di mezzo dell’ascolto passivo.

Per non spoilerare troppo mi piace ricordare una citazione su tutte, di Omer Meir Wellber, dove il direttore d’orchestra israeliano ipotizza che proprio in quel distrarsi risieda l’essenza dell’ascolto musicale, stimolando idee, visto che nel comfort del teatro ci si trova accoccolati, ma  pur sempre “prigionieri della nostra mente, circondati da muri di suoni e di ritmi”.