Riflessioni di un vecchio abbonato

Ieri sera, al Carlo Felice è andato in scena un dittico: La Serva padrona di Pergolesi e Trouble in Tahiti di Bernstein; un dittico molto originale sulla vita di coppia, realizzato con cura in ogni suo aspetto, con una originalità di idee e un allestimento che, nella sua studiata semplicità, rivelava un intelligente pensiero di regia, interpretazione, scene e costumi. Altri ne faranno la critica musicale, i miei sono soltanto pensieri personali.

Uscendo da teatro ero sereno perché mi sono sentito partecipe di un rito, di una espressione di socialità cui tutti tendiamo: il posto fisso, gli amici, i commenti, lo spettacolo.

Il posto fisso. Sono abbonato da diversi decenni. Al vecchio Carlo Felice (quello con i tendoni rossi) avevo abbonamento in galleria, ma, da quanto l’Ente (così si chiamava la Fondazione) si è spostato al Teatro Margherita ho avuto sempre lo stesso posto, fila 10 n. 18, posto che conservo anche al “nuovo” Carlo Felice.

L’abbonamento, per me, rappresenta una forma di partecipazione alla vita del teatro; infatti, gli abbonati sono i soci dell’azienda teatro che delegano ai vertici la responsabilità di utilizzare le risorse messe a disposizione nel migliore dei modi.

E, poi, è importante rilevare la conoscenza del mondo musicale che si acquisisce abbonandosi. Se non si ha l’abbonamento si rivedono sempre le quattro o cinque opere del grande repertorio: Traviata. Bohème, Rigoletto e via dicendo.

Con l’abbonamento si è spinti ad allargare il nostro orizzonte musicale verso opere meno conosciute e, così, abbiamo ascoltato Wilson, Gubajdulina, Henze, Britten, Hindemith, Weill, Haendel, Tutino, Rota e molti altri che ci hanno dimostrato come il mondo musicale sia vario e apprezzabile in ogni suo momento.

Consideriamo poi che la Fondazione mette a disposizione degli spettatori una serie infinita di qualità di abbonamenti:, una pagina intera fitta di turni e cifre che a un lettore superficiale può non far comprendere le specificità delle offerte con una variazione infinita di prezzi e di occasioni come, tanto per citarne uno, il Turno R che prevede quattro opere a prezzi veramente ottimali, consigliabili a tutti.

Infine, tornando alla serata di ieri era oltremodo piacevole vedere in platea moltissimi giovani condotti dai loro insegnanti che, naturalmente, li avranno adeguatamente preparati alla visione dello spettacolo. Io credo che opere come quella di Bernstein e del Novecento, possano fare breccia nella mente dei giovani e debbano far parte di un cartellone insieme ai grandi classici come accadeva negli anni ’60. Poi si era persa l’abitudine ma mi pare che la nuova Direzione sia orientata ad offrirci una grande varietà di autori, sia nella lirica che nella stagione sinfonica.

Aspettiamo il seguito.