Michele Serra, trent’anni di “Amaca”

Giornalista, scrittore, umorista, autore di libri, di libretti d’opera, di testi teatrali, di testi per attori comici (il Beppe Grillo di qualche decennio fa), Michele Serra festeggia quest’anno i trent’anni della sua rubrica “L’Amaca” pubblicata su “Repubblica”. E lo fa in uno spettacolo che ieri è stato proposto al Politeama Genovese.

Solo in scena con una mucca che lo fissa e rappresenta il silenzio che precede e segue i nostri discorsi, Serra ripercorre la sua carriera di scrittore e giornalista che sa usare con intelligenza le parole, addomesticandole con una buona dose di autoironia.

Trent’anni di “Amaca” significano 9000 circa opinioni: un numero elevatissimo in un campo tremendamente delicato perché, sostiene Serra, si fra presto a passare dall’autorevolezza alla spocchia e da lì al ridicolo. Come si fa, del resto, ad avere un’opinione al giorno? Non si rischia di ripetersi?

La sintesi è importante e spesso difficile. Scriveva Voltaire a un amico: “Scusami se ti mando una lettera di dieci pagine, non avevo il tempo necessario per scriverti dieci righe”.

Da un carrello su cui sono idealmente appilati tutti i suoi articoli, dunque, Serra estrae alcuni fogli che gli consentono riflessioni a ruota libera, su vari aspetti del nostro tempo.

Parte dalle sue prime esperienze nel mondo del giornalismo, quando entrò all’”Unità” come dimafonista e lì ebbe i primi incontri, anche traumatici, con le parole. Ricorda il cronista che raccontando un incendio che aveva distrutto una stalla parlò delle pecore trasformate in “torce umane”!

Cita poi le parole più ricorrenti nei suoi corsivi: nell’ordine, politica, sinistra, Berlusconi.

E naturalmente alla sinistra dedica particolare attenzione. Gli uomini di sinistra sono bravissimi, sostiene, abbiamo straordinari artisti, registi, architetti, intellettuali, sappiamo organizzare grandi feste; l’unico problema è che ci ostiniamo a volerci occupare di politica, ambito nel quale proprio non ci sappiamo fare!

La satira rimanda naturalmente all’indimenticato foglio “Cuore” di cui Serra è stato fra i fondatori e l’anima. Vengono dunque alla memoria alcuni titoli che all’epoca fecero rumore, primo fra tutti: “Torna l’ora legale, panico fra i socialisti”.

Dura una settantina di minuti il monologo di Serra, ma scorre via in un soffio fra riflessioni serie e battute ironiche, fra malinconici rimandi a un tempo ormai tramontato (quello in cui si portava la cultura in giro, perché era un valore riconosciuto, Carmelo Bene leggeva Campana nelle fabbriche, la Scala vi teneva i suoi concerti) e l’odierno desiderio crescente di opporre il silenzio della mucca al frastuono ignorante dei tanti tuttologi stipati nei talk show televisivi.

Applausi calorosissimi.