Mozart l’italiano acclamato dal pubblico genovese

Indagare i rapporti fra Amadeus e la cultura musicale italiana: questo l’obbiettivo del ciclo Mozart l’italiano, che il Teatro Carlo Felice ha inserito nel cartellone sinfonico. Ogni incontro, insomma, affianca al grande Salisburghese un compositore nostrano suo contemporaneo o precedente.

In particolare, dopo Antonio Vivaldi e Giovanni Battista Sammartini, il concerto svoltosi ieri sera ha visto l’accostamento tra Mozart e Gaetano Pugnani, compositore e violinista torinese, che il giovane Amadeus conobbe in occasione di uno dei suoi tre viaggi in Italia all’inizio degli anni Settanta del XVIII secolo.

L’orchestra con un organico di dimensioni originarie, diretta dalla portentosa bacchetta di Alessandro De Marchi, ha evidenziato le affinità tra i due compositori attraverso l’esecuzione di alcune delle loro composizioni.

Ad aprire il programma, quindi, è stata l’Ouverture in re maggiore da Lucio Silla K 135, opera seria in tre atti su libretto di Giovanni De Gamerra, revisionato da Metastasio, che Mozart scrisse nel 1772 su commissione del Regio Ducal Teatro di Milano e che andò in scena per la prima volta il 26 dicembre dello stesso anno.

Appare chiaro fin dalle prime note lo stile personale e unico di Amadeus, che rimanda immediatamente l’ascoltatore alle Nozze di Figaro o al Don Giovanni ed è straordinario pensare come a soli sedici anni fosse già così coerente e ben delineato. La guida di De Marchi, inoltre, ne mette in risalto tutta la peculiarità e bellezza in una lettura lucida e approfondita recepita perfettamente dall’orchestra.

A seguire la Sinfonia in si bemolle maggiore di Gaetano Pugnani, quarta delle Overtures in Eight Parts scritte a Londra attorno al 1770, in cui emergono lo stile teatrale italiano influenzato dalla scuola tedesca e viennese e il raffinato trattamento contrappuntistico e strumentale. Prima ancora che compositore Pugnani fu violinista, precocissimo e virtuoso, allievo di Giovanni Battista Somis, fondatore della celebre scuola violinistica piemontese. Dalla natia Torino la sua attività di strumentista oltre che di compositore gli permise di conquistare la Parigi dei Concerts Spirituels, Londra dove fu per lungo tempo violino di spalla dell’Opera, oltre alle piazze di Mosca e San Pietroburgo.

Infine, a chiudere il primo tempo, un’altra sinfonia giovanile mozartiana, la n. 13 in fa maggiore KV 112 per organico ridotto (due oboi, due corni, due fagotti, archi e basso continuo): Amadeus la scrisse a Milano in occasione del secondo viaggio in Italia, nell’autunno del 1771. Qui emergono una crescita significativa rispetto alle sinfonie precedenti e una forte inclinazione verso il classicismo tedesco per la peculiare lavorazione contrappuntistica e il trattamento dei fiati. Pur condividendo alcuni tratti delle altre sinfonie “italiane”, come il frequente raddoppio dei violini o delle viole da parte degli oboi, la sinfonia esprime un equilibrio tra felicità inventiva e controllo artigianale ancora inedito in questo ambito.

Il pubblico applaude entusiasta e si prepara alla seconda parte del concerto.

De Marchi durante il concerto

 

Protagonista del secondo tempo è la Sinfonia n.38 in re maggiore KV 504 Praga, completata da Mozart il 6 dicembre del 1786 e che prende il nome dalla città in cui venne eseguita per la prima volta l’anno successivo.

Composta per due flauti, due oboi, due fagotti, due corni, due trombe in re, timpani e archi, è strutturata in tre tempi, priva cioè del Minuetto, e testimonia la piena maturità di Amadeus, ormai discostato dal modello haydniano e pronto ad aprire la strada al Beethoven del suo primo periodo sinfonico.

La maestosa introduzione, con la sua complessità armonica e la densità del discorso tematico, richiama alcune atmosfere del Don Giovanni, in particolare la seconda parte dell’introduzione con il colore cupo del modo minore e l’alternanza tra piano e forte, sembra precorrere l’apparizione del Commendatore.

Per la ricchezza del tessuto timbrico, aperto a un altissimo magistero contrappuntistico, la sinfonia Praga si accosta alla Jupiter della quale anticipa l’organico orchestrale con l’esclusione dei clarinetti.

Ancora una volta l’eccezionale bacchetta di Alessandro De Marchi guida con maestria, eleganza e semplicità l’orchestra del teatro che esalta gli aspetti peculiari della composizione: il tema e il ritmo sincopati, caratteristici di tutta la sinfonia, l’eccezionale sviluppo formale, e le grandi varietà dinamiche.

Gli applausi del pubblico a fine concerto sono così calorosi tanto da concedere un piccolo bis, dopo il quale il direttore in modo simpatico fa il gesto di dover andare “a nanna”.