Venezia, colori e parole del silenzio: storytelling irripetibile di Fabio Accorrà ed Elisabetta Rossi

Ci sono termini abusati, ripetuti, inflazionati quali “storytelling”. Quante volte lo associamo alle politiche di marketing territoriale? Eppure a volte le immagini parlano da sole. Se poi vi si aggiungono racconti emozionali, a solleticare l’inconscio, non c’è altro da aggiungere. E’ un libro irripetibile quello di Fabio Accorrà con i testi di Elisabetta Rossi, con una Venezia fluttuante in un tempo non definito, senza turisti, senza affollamenti, ferma in particolarissimo rapporto con la natura che sembrava perso per sempre e che rivela il mix di stili, le caratteristiche di un luogo magico. Non a caso Venezia ha da sempre un lungo feeling con gli innamorati e con i sognatori.

Si intitola “Venezia, colori e parole del silenzio” e lo hanno presentato gli autori, di recente,  con il  giornalista Pietro Tarallo presso le librerie Coop del Porto Antico di Genova, insieme all’editore di Erga Marco Merli. “Io che sono spezzina di nascita, genovese per formazione accademica e veneziana per destino – spiega la giornalista e scrittrice Elisabetta Rossi – non potevo sottrarmi a questo invito del fotografo e blogger di viaggio Fabio Accorrà. Inoltre a marzo 2021 ero a Venezia, per cui ho vissuto una città straordinaria, una Venezia che credo e spero non possa essere riproposta poiché completamente privata della presenza umana se non ci riferiamo semplicemente agli abitanti. Ci ha restituito colori, sapori, odori dimenticati.  Perciò ho iniziato a scrivere a fine anno scorso questi racconti che sono didascalici, in quanto il testo è e deve restare un libro fotografico.  Li ho immaginati ricollegandomi all’idea del cinema muto. Ho voluto dare voci e parole a delle immagini in cui, come un film, mancava qualcosa. Quel qualcosa  necessario  perché tutta quella emozione che Fabio Accorrà disvela nel suo  libro possa trovare una voce. E così è stato”.

Si attraversa il vuoto, come possibilità di ripartenza, come punto di azzeramento di quello che vorremmo dimenticare, che riconduce a quell’arte intesa alla Lacan, come “organizzazione del vuoto”. Un’arte che rompe le barriere e penetra direttamente nell’animo, nelle insoddisfazioni come negli istanti felici, senza pensare a quello che abbiamo visto e letto di Venezia, ma passandola in rassegna in un modo totalmente nuovo.

E, di fatto, si alternano vari registri, sentimenti, emozioni alla ricerca di una dimensione alternativa, incredibilmente reale nella sua irrealtà, nel suo straniamento. “Un dialogo laico, ma che ripercorre scelte etiche – spiega l’artista Fabio Accorrà -, tematiche contemporanee ed intimiste. Alcuni scatti sembrano eterni, dolorosi, assuefatti da una immobilità che può essere paragonata a quella delle farfalle trafitte da uno spillone. Questo volume riesce a racchiudere le fotografie in un qualcosa di concreto, in uno scenario che a tratti ha anche un sapore documentale, in altri assume accezioni oniriche accompagnate da racconti favolosi, quelli della giornalista e scrittrice studiosa della lingua dei Tarocchi Elisabetta Rossi. E’ una Venezia inedita per molti, che ricalca quello che siamo e pensiamo, storicamente accostato ai quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco”. Piace lasciare il futuro lettore con una delle più belle suggestioni del testo: “Io sarò un ponte. Ti racconterò che Venezia non è solo la combinazione dei quattro elementi. Venezia è la quintessenza, la ricetta alchemica dell’Elisir di lunga vita”.