GOG: l’estremo Beethoven di Filippo Gorini

Nel suo divertente libro “Vite degli uomini illustri” l’umorista Achille Campanile descriveva l’angoscia di Beethoven (“Il vero dramma di Beethoven”), che ormai del tutto sordo e impossibilitato a sentire la sua musica, tentava inutilmente di scrivere ballabili che però nessuno danzava!

Beethoven, lo si sa bene, la sua musica la sentiva perfettamente dentro di sé, quella di Campanile è solo una irriverente boutade.

Tuttavia è altrettanto vero che l’ultima fase di Beethoven, così diversa da quella precedente e, soprattutto, così diversa dalla produzione coeva di altri autori, ha una spiegazione proprio nella sordità che costrinse il compositore ad appartarsi, a vivere in un proprio mondo, a crearsi una propria sfera musicale.

Il Beethoven delle ultime Sonate pianistiche come degli ultimi Quartetti non ha niente da spartire con i primi romantici che iniziano a produrre intorno a lui (pensiamo a Schubert) e la profondità di certe sue pagine sarebbe stata capita solo anni dopo dagli ultimi romantici (Brahms come Wagner).

Ieri sera la Giovine Orchestra Genovese ha ospitato al Carlo Felice il pianista Filippo Gorini che ha proposto, appunto, due straordinarie pagine dell’ultimo Beethoven, la Sonata op. 111 e le Variazioni su un tema di Diabelli. Alle prese con due forme consolidate nel tempo, Beethoven le trascende, mettendone in discussione tanto la forma stessa, quanto i contenuti.  Nella Sonata, saltano gli equilibri interni fra i movimenti, la scrittura si fa evanescente, i trilli ripetuti e continui non hanno la consueta funzione di semplice abbellimento, ma di sospensione drammatica del discorso, quasi che l’autore indugiasse su quei suoni in una atmosfera di profonda e poetica riflessione. Magistrale sotto questo aspetto l’ultimo movimento, fra i più geniali di Beethoven. Ed eccellente la lettura di Gorini che ha un controllo totale della tastiera e ne sa trarre i suoni più delicati e contenuti possibili, mantenendo limpido e integro il fraseggio.

Poi Diabelli. E lì Beethoven parte da Bach e anticipa Brahms (le tre magistrali B della storia) nel concepire la variazione come un momento di discussione totale del tema. Un monumento alla Variazione che Gorini affronta con rigore e vigore dipanando le 32 elaborazioni beethoveniane dal semplice valzer di Diabelli con una coerenza interna ammirevole. Unico appunto, in una lettura globalmente ineccepibile, qualche durezza di troppo nelle variazioni dinamicamente più sostenute.

Applausi calorosi e meritati.