Bartok e Strauss che vanno, Beethoven e Schubert che vengono. Il Carlo Felice ha cambiato in maniera più o meno radicale i programmi del concerto di ieri sera e del prossimo 12 febbraio.
L’appuntamento di ieri sera diretto da Donato Renzetti, nell’ambito del ciclo “Novecenti” si è trasformato in un appuntamento del ciclo beethoveniano, dal momento che la splendida partitura di Bartok Musica per archi, celesta e percussioni (prevista accanto a un concerto pianistico di Beethoven) è stata sostituita dalla Sinfonia n.6 sempre del compositore di Bonn. E nel concerto del 12 febbraio prossimo affidato alla bacchetta di Fabio Luisi è sparito il nome autorevole di Richard Strauss sostituito dalla Sinfonia La Grande di Schubert mentre nella prima parte della serata il complesso lavoro di Berio (Calmo) lascerà il posto a tre brani per voce sola di Valerie Philippin (Donn’ sienne dans l’ac), di Berio (Sequenza III) e di Aperghis (Pour Gabrielle): in pratica l’orchestra con Luisi ci sarà solo nella seconda parte della serata.
I cambi di programma non sono una novità, può succedere in qualsiasi teatro che un lavoro venga sostituito per le più varie motivazioni. In questo caso, però, l’aspetto curioso sta nel fatto che a determinare la decisione non è stata una motivazione artistica, ma economica.
Bartok e Strauss richiedono negli archi una maggiore suddivisione in sezioni e, di conseguenza, un
maggior numero di parti “reali”. Il che, nella pratica, avrebbe comportato, da parte di strumentisti di fila un impegno al di fuori del proprio ruolo con conseguente richiesta di un’indennità. Il contratto, però, è scaduto e nelle more del rinnovo, la trattativa non è stata neppure avviata con la decisione di sostituire le composizioni “troppo costose”. I progetti, ha assicurato il sovrintendente Orazi, sono solo rinviati non cancellati. Ma spiace che due dei programmi sulla carta più stimolanti della stagione siano stati così modificati; e, accanto al capolavoro di Bartok dispiace anche ce sia saltato Calmo in un concerto che avvia il ciclo di avvicinamento alle celebrazioni del 2025 per il primo centenario della nascita di Luciano Berio.
A “consolarci, tuttavia, ieri sera hanno provveduto il direttore Donato Renzetti e il giovane pianista Davide Ranaldi.
Vincitore del “Premio Venezia” nel 2021 Ranaldi ha tutte le qualità per garantirsi una carriera internazionale di spicco: tecnica notevole, assoluto controllo del suono, padronanza ed eleganza nel fraseggio. Qualità pienamente emerse nel Concerto n.1 di Beethoven che ha aperto il programma. Una lettura coinvolgente di cui si segnalano in particolare la articolata e complessa cadenza del primo tempo risolta con limpida chiarezza espositiva e il Largo centrale che ha esaltato le doti poetico-espressive del giovane artista. Renzetti, sul podio, ha assecondato con la consueta bravura il solista guidando lo strumentale in una lodevole esecuzione. Analogo l’esito, nella seconda parte della serata per la Sinfonia n.6 beethoveniana interpretata con verve, dinamismo, potenza espressiva (il celebre Temporale) ampia cantabilità (il tema dell’ultimo movimento, fra i più belli usciti dalla penna del grande compositore). Applausi calorosissimi e meritati.