HokusPokus, la magia intorno alle maschere

Da anni ormai, la compagnia  berlinese Familie Floz offre con le sue straordinarie maschere al Teatro della Tosse  splendide performances in un continuo gioco fra ironia e malinconia, con soluzioni ogni volta diverse e spesso spiazzanti.

Ieri sera un folto pubblico ha potuto assistere all’ultimo spettacolo del simpatico gruppo, Hokuspokus che pur basandosi su un impianto ampiamente collaudato, presenta non poche e interessanti novità.http://www.teatrodellatosse.it

Il titolo allude forse a una verbalizzazione popolare del latino “Hoc est enim corpus meum” (“Questo è il mio corpo”) ma potrebbe anche tradursi in una sorta di “abracadabra”, perché di magia in qualche modo si tratta. In un ipotetico giardino dell’Eden, fra il cinguettio degli uccelli e una natura rigogliosa, due amanti si incontrano e avviano la loro vita insieme, sotto lo sguardo divino. Trovano un appartamento, nascono i figli, ci sono le prevedibili incomprensioni generazionali, la vita alterna momenti sereni a piccole e grandi tragedie fino a che si giunge al capolinea. L’elemento di novità sta nella realizzazione scenica. Se nei precedenti spettacoli, il pubblico vedeva solo le maschere e anzi si stupiva per la rapidità con cui gli attori uscivano con una maschera per rientrare immediatamente dopo con un’altra, in questo caso gli attori sono ben visibili perché il palcoscenico è diviso in tre parti. Nel quadrato centrale si sviluppa l’azione delle maschere, nei due lati avviene quel che dovrebbe avvenire dietro le quinte: ci sono gli strumenti musicali, ci sono i rumoristi, ci sono gli attrezzisti: ovvero gli attori stessi che ora indossano le maschere e creano il personaggio, ora agiscono a lato supportando i colleghi.

Le maschere, così, nascono e muoiono davanti al pubblico, nell’incredibile gioco della vita che come un burattinaio regola un signore austero dai capelli bianchi, quello stesso signore che nell’Eden primordiale aveva infuso l’amore nei due giovani.

Spettacolo ricco di poesia, ironico come sempre, ma anche segnato, forse più degli altri, da una vena di profonda malinconia.

E’ uno spettacolo completo per il ricco e suggestivo apparato musicale, per i disegni che si animano nel fondale del quadrato centrale e per i sei attori (quattro uomini e due donne) che, giocando a carte scoperte, mostrano tutta la loro bravura e versatilità, magnifici con le maschere e senza.

Applausi interminabili, repliche fino a domani sera.