Milanese, formatosi al Conservatorio della sua città sotto la guida di Piero Rattalino (pianoforte) e Bruno Bettinelli (composizione), un lungo periodo di apprendistato e perfezionamento con grandi nomi della creatività internazionale (da Donatoni a Lutoslawski, da Xenakis e Ligeti a Messiaen), Carlo Alessandro Landini è un compositore libero, al di fuori degli schemi, che da anni ormai persegue un proprio, personale itinerario artistico, estraneo alle correnti alla moda. Nella sua produzione, dominata da composizioni orchestrali e pianistiche, spiccano le Sonate, appunto, per pianoforte che costituiscono un capitolo a sé nell’intera letteratura per tastiera del nostro tempo. Landini ne ha scritto finora otto fra il 1981 e il 2021. Recentemente la n.7 è stata incisa su CD (Tactus) da Massimiliano Damerini cui si deve anche la registrazione della n.3 (1998) e della n.5 (2020).
Due sono le caratteristiche essenziali che emergono dall’ascolto dei lavori di Landini. Innanzitutto, per riprendere una riflessione di Quirino Principe, «una ricerca del bel suono, ossia del suono veicolo di bellezza, che in altri compositori non c’è». Sotto questo aspetto in Landini si apprezzano la puntigliosa esplorazione della tastiera, l’analisi di ogni piccola sfumatura, l’ampia divaricazione delle dinamiche.
E poi, la dilatazione delle composizioni: la n.2, in un unico, fluente movimento, durava settantotto minuti; la n.7, sempre in un unico tempo, si ferma a 56’.
«Considero questi miei due lavori – aveva scritto Landini qualche anno fa presentando la Sinfonia in si e la Sonata n.3 – un punto d’arrivo dei miei studi, sia per ciò che riguarda la plasticità del tempo musicale, sia per quanto concerne più da vicino i meccanismi dell’attenzione e della motivazione all’ascolto che coinvolgono lo spettatore». Nella Sonata n.7 Landini riprende la propria concezione del tempo. Il brano è un flusso ininterrotto che si coagula di tanto in tanto in episodi più densi, alterna elementi liricamente più fluenti a fitti intrecci contrappuntistici. L’ascoltatore, cui è richiesta un’attenzione particolare (ripagata peraltro da una scrittura di raffinata architettura), è calato in un viaggio sonoro che tende a scatti di forte drammaticità, subito repressi in un continuo crescendo e decrescendo di tensione emotiva. E’ una narrazione affascinante, condotta dal pianista Massimiliano Damerini con un eccellente controllo del fraseggio e del suono, ben sorretto dalla qualità della incisione discografica.