Elisabetta Pozzi, una grande Elena

Prima la voce, calda, duttile ha letto fuori campo versi originali di Ghiannis Ritsos dedicati alla luna sulle note dell’Adagio dalla celebre Sonata op. 27 n.2 (Al chiaro di luna) di Beethoven. Poi si è presentata non nei panni del suo personaggio, ma in quelli di se stessa, attrice quasi impacciata, emozionata nel ritornare davanti a un pubblico vero, nella sua città, di fronte al quel liceo Doria nel quale aveva studiato.  Ieri sera Elisabetta Pozzi ha regalato uno straordinario spettacolo sul TIR posteggiato nuovamente in piazza della Vittoria.

Elena monolgo su testo del poeta greco Ghiannis Ritsos è stato in realtà preceduto da un altro monologo dell’attrice che ha voluto esprimere il disagio del momento, il malessere del mondo dello spettacolo dal vivo la maggior parte del quale non è ancora stato in grado di ripartire nella indifferenza generale. Con il supporto del musicista Daniele D’Angelo, ha letto alcuni versi dall’Inno alla bellezza di Baudelaire, insistendo sulla necessità, oggi più che mai, di dare spazio alla bellezza, di non considerare effimera e inutile la cultura.

Poi introducendo il mito di Elena di Troia, con l’aiuto di una fluente parrucca, di alcuni gioielli Elisabetta Pozzi è diventata il personaggio teatrale; ma non la Elena bellissima capace di provocare guerre cruenti, ma un’ombra di lei, una donna ormai invecchiata che vive in un oscuro locale, quasi un night, dimenticata da tutti. Un musicista (Daniele D’Angelo, appunto) passa dalla tastiera alla chitarra a qualche strumento a percussione e assicura un tappeto sonoro continuo ed efficace. E lei, la ex vamp, racconta a un immaginario interlocutore le sue sensazioni, i suoi ricordi annebbiati o volutamente archiviati. Sfilano i nomi di una lunga storia, Menelao, Paride, Ulisse, Penelope. E’ un riandare indietro nella memoria quasi senza emozione, un passato ormai finito, scolorito. Solo in un momento, la donna si rianima, quando rivive l’attimo in cui sulle mura di Troia si mostrò ai due eserciti rivali suscitando l’ammirazione generale. Un lampo, un abbagliante flash in una vita ormai priva di spessore. Nel raccontare Elena, Ritsos ha voluto in qualche modo attualizzare quel mito mettendolo in rapporto con il nostro tempo; un’idea che il regista Andrea Chiodi ha colto con intelligenza e che Elisabetta Pozzi ha restituito magnificamente mostrando una duttilità straordinaria nell’evidenziare i diversi aspetti e le contraddizioni di una donna che, invecchiata, ormai prossima alla fine, resta pur sempre quella Elena che aveva fatto impazzire il mondo.

Applausi calorosi e davvero meritati per l’attrice e per D’Angelo.