Elena, il fascino di un antico eterno

Nel 1585 quando a Vicenza fu inaugurato il Teatro Olimpico, lo spettacolo scelto per l’apertura fu la tragedia “Edipo a Colono” di Sofocle: per l’occasione Antonio Pordenone compose le musiche strumentali, mentre Andrea Gabrieli scrisse le musiche per i cori, avviando, per così dire, il genere delle musiche di scena. La scelta di una tragedia antica non era casuale.  Il Rinascimento aveva favorito un ritorno agli studi classici e l’attenzione per il teatro antico sollecitava intellettuali, poeti e musicisti a interrogarsi sul rapporto fra la musica e la parola. Riflessioni dalle quali di lì a poco sarebbe nata a Firenze l’opera in musica.

La tragedia classica, dunque, è incontestabilmente alla base di tutto il teatro successivo, sia esso di parole che musicale. Purtroppo come è noto di musiche del teatro greco ci sono rimasti solo pochi frammenti per cui l’effettiva fusione fra i vari mezzi espressivi può essere solo immaginata, ma non può trovare riscontro su documenti certi.

La premessa per introdurre il bello spettacolo che ieri sera ha inaugurato la stagione del Teatro Nazionale. Il Teatro, ora ribattezzato, semplicemente “Ivo Chiesa” ha ospitato “Elena” tragicommedia”  che Euripide scrisse nel 412 a.C. in piena guerra del Peloponneso.

Un testo straordinario che Davide Livermore ha ripreso nella traduzione di  Walter Lapini creando per il Teatro di Siracusa (dove il debutto lo scorso anno ha sbancato il botteghino)  uno spettacolo di sicuro impatto visivo e di ammirevole concezione tecnica.

“Elena” è una tragedia alquanto originale che mescola abilmente elementi drammatici e momenti più leggeri. L’antimilitarismo ne costituisce un tema portante: “Vuoi dire che abbiamo sofferto invano per una nuvola?”,  è la domanda che il servo di Menelao rivolge al suo padrone dopo aver scoperto che la Elena per la quale avevano combattuto sotto le mura di Troia era in realtà un fantasma. In questa frase sta tutta la insensatezza della guerra che non ha età, che vale per la guerra del Peloponneso come per quelle odierne in medio Oriente come in Africa o in Armenia.

Il gioco centrale basato sull’equivoco e la presenza di Elena e del suo doppio porta la narrazione a svilupparsi su due canali diversificati, oscillanti appunto fra dramma e commedia.

Un testo complesso e ricco di potenzialità, insomma, che non poteva non incuriosire un uomo di spettacolo come Livermore, affascinato dalla possibilità di giocare su tavoli differenti mescolando la parola alla gestualità e alla musica.

L’intero palcoscenico, dunque, è allagato, l’acqua del Nilo dà leggerezza, rende il tutto  quasi impalpabile; il fondale si accende di colori forti e di immagini proiettate su uno schermo, mentre  sul palcoscenico incombe solo il rottame della nave di Menelao che, spostata da una parte o dall’altra, scandisce diversi episodi della narrazione. Le voci sono spesso amplificate e distorte quasi a voler richiamare l’effetto che assicurava nell’antichità il ricorso alle maschere. E poi la musica, curata da Andrea Chenna, riempie l’intero spettacolo con citazioni continue, dal teatro delicato e lirico di stampo belliniano al gioioso valzer straussiano alle note lugubri mozartiane del Requiem: citazioni evidenti oppure solo accennate e distorte attraverso il ricorso a strumentazioni elettroniche. Se un appunto si può fare, riguarda l’eccesso di presenza musicale continua, spesso a un volume eccessive che costringe gli attori a tenere un tono “alto”, probabilmente un effetto voluto da Livermore ma che non sempre appare funzionale, a nostro parere.

Interessante poi l’utilizzo del coro: sette attori guidati da una corifea ai quali Livermore affida soluzioni espressive diverse: interventi solistici o corali con entrate a canone, atteggiamenti statici contrapposti a episodi di nervosa gestualità (la straordinaria descrizione della fuga di Menelao e di Elena).

Eccellente il cast. Laura Marinoni è una splendida Elena che sa muoversi abilmente sui vari registri, Sax Nicosia è un duttile Menelao e Giancarlo Judica Cordiglia delinea un divertente Teoclimeno. Bravissime le giovani attrici Viola Marietti, Maria Chiara Centorami, Linda Gennari e Federica Quartana, cui il testo regala momenti importanti. Bravi anche Simonetta Cartia (Teonoe) e i sette coristi.