Nazionale: Grounded, un intenso monologo al femminile

Il compianto amico  Marco Sciaccaluga amava raccontare una storia che riguarda Wolfgang Langhoff, regista e attore, padre del regista Matthias che anni fa collaborò anche intensamente con il Teatro Stabile genovese. L’aneddoto risale alla fine della seconda guerra mondiale. Quando Wolfgang seppe che i russi avevano liberato Berlino, prese la famiglia e tornò in Germania per vedere in che stato fossero la casa e il Deutsche Theater. Trovò macerie, la casa non c’era più, il Teatro era scoperchiato e sventrato nel suo interno. E lui si mise a vivere in teatro con la famiglia utilizzando due palchi e nel giro di pochi mesi mise su una compagnia e riaprì il teatro. Marco nel sottolineare la grandezza e la lungimiranza di Langhoff, rimarcava un aspetto essenziale: anche nelle condizioni più estreme, anzi soprattutto in quelle, del teatro non si può fare a meno.

E quanto pesante sia stata per tutti noi nei mesi scorsi l’assenza del teatro, lo si è potuto constatare in questi giorni. La riapertura del Carlo Felice e, ieri, del Teatro Nazionale è stata accolta come una sorta di “rinascita” di liberazione, di riappropriazione di un atto che ci pareva normale e che è diventato “straordinario”.

Clima festoso, dunque, anche ieri sera al Teatro Ivo Chiesa per la prima nazionale di Grounded di George Brant, con la prima regia creata espressamente da Davide Livermore per Genova.

Lo spettacolo, proposto nella traduzione di Monica Capuani, si avvale della interpretazione di Linda Gennari. Le scene sono dello stesso Livermore e di Lorenzo Russo Rainaldi, le musiche di Andrea Chenna.

Messo in scena per la prima volta nel 2013, Grounded è un articolato e drammatico monologo che ha avuto un fortissimo impatto sulla scena britannica e americana, con oltre centocinquanta allestimenti, dal clamoroso debutto al Festival di Edimburgo nel 2013 e poi al Gate Theatre a Londra sino alla produzione del Public Theatre di New York con protagonista la splendida Anne Hathaway.

Linda Gennari in un momento dello spettacolo

 

Grounded pone al centro della scena una pilota dell’aviazione degli Stati Uniti,  orgogliosa Top Gun, macchina da guerra indistruttibile al comando del suo F16. Ma una sera, un uomo entra nella sua vita. Lei rimane incinta. Deve abbandonare il blu del cielo e dopo la maternità viene destinata a terra a pilotare i droni.

Il tema è dunque quello spesso affrontato in teatro e non solo del bivio di fronte al quale si trova inevitabilmente una donna quando deve dividersi fra le sue aspirazioni professionali e il ruolo materno. Qui a rendere il tutto più originale c’è un mestiere non usuale. E la forzata convivenza fra le due “anime” della donna, finirà con il far “vivere” alla donna stessa in maniera del tutto diversa la sua “vocazione” alla guerra: il finale sarà decisamente forte.

E’ dunque un lavoro che tocca corde espressive differenti. Livermore le coglie con intelligenza e misura, attraverso un lavoro attento sulla recitazione, sulla gestualità, sulla scena e sulla componente sonora. La struttura scenica consiste in una pedana a forma di drone dai lati luminosi che sale e scende, si inclina e si raddrizza dando il senso del volo.

Linda Gennari è straordinaria: regge con disinvoltura un monologo notevolmente lungo che richiede continui cambi di umori, di sfumature, di tono e lo fa con una efficacia espressiva e una fisicità eccellenti. La componente sonora è essenziale nelle regie di Livermore che spesso punta su un “continuum”, un tappeto sonoro a tratti quasi inavvertibile (ma presente), a tratti in evidenza. Era accaduto in Elena, accade ora in Grounded. In questo caso alterna sibili, rumori d’aereo in volo a ritmi più o meno aggressivi, a improvvisi elementi melodici, in un susseguirsi di tasselli che accompagnano e “illustrano” l’emotività della protagonista.

Bello spettacolo, applausi calorosissimi e meritati.