Da Ponte & friends: quando il geniale librettista fece conoscere Amadeus agli americani

Nel giugno scorso, prima dell’avvio del Festival di Nervi, il Carlo Felice ha portato nello storico Teatro Olimpico di Vicenza una produzione dedicata a Lorenzo Da Ponte e ideata dal sovrintendente Claudio Orazi. Qui di seguito il racconto del nostro collaboratore Marco Pescetto

La scelta di celebrare presso il prestigioso Teatro Olimpico di Vicenza la fama di Lorenzo Da Ponte, uno dei più singolari, poliedrici, colti, dalle mille vite tra i librettisti a cavallo tra i secoli XVIII e XIX della storia della musica, ci è parsa una scommessa vinta dal Sovrintendente del Carlo Felice Claudio Orazi e dal musicologo Francesco Zimei che hanno dato vita il 20 giugno scorso con l’intervento dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice diretta da Alvise Casellati e la regia di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi, costumi di Nicoletta Ceccolini, a un’impresa che ha avuto il merito di declinare le tappe biografiche del protagonista attraverso la musica dei compositori mitteleuropei con cui collaborò e le voci dei solisti Salome Jicia, Giovanni Sala, Levent Bakirci e l’attore Giampiero Judica.

Trovarsi seduti sopra i gradoni della cavea ellittica rinascimentale progettata da Andrea Palladio sormontata dalle innumerevoli colonne e statue che si stagliano solenni sotto un cielo punteggiato da pallide nuvole bianche e rosa , genera nello spettatore una sorta di rapimento estatico che toglie il fiato specie a chi lo vede per la prima volta come chi scrive. Alcuni spettatori locali dicono che è talmente potente l’impatto visivo del teatro da sminuirne il contenuto, cioè lo spettacolo che vi viene ospitato; ma, nonostante tanta bellezza, il contenuto questa sera le teneva testa.

Scrittore dilettante per passione e formazione culturale (Lorenzo aveva studiato in seminario e aveva poi preso gli ordini religiosi) diventerà –dopo essere stato cacciato dalla Serenissima per condotta non conforme all’abito che portava- apprezzato poeta presso Caterino Mazzolà a Dresda e poi a Vienna dove Antonio Salieri lo presenterà all’Imperatore e a Wolfgang Amadeus Mozart, generando con quest’ultimo la Bibbia del teatro musicale dell’occidente con la insuperata trilogia: Nozze di Figaro (1786), Don Giovanni (1787) e Così fan tutte(1790). Per molti appassionati del teatro d’opera , la sua consacrazione si ferma qui, ma nella realtà il poeta è molto altro… Caduto in disgrazia alla corte di Vienna dopo la morte di Giuseppe II, lascia la Hofburg per recarsi prima a Praga e poco dopo a Londra dove trova moglie in Nancy Grahl, mette in scena come impresario 28 prime al Kings Theater e scrive libretti per una compagnia teatrale italiana. Trascinato in un tracollo finanziario, lascia la brumosa città del Big Ben e l il vecchio continente per attraversare l’oceano e raggiungere gli Stati uniti dove, con la famiglia, si porta prima a New York, poi a Philadelphia e in seguito ancora a New York. Lì ape una libreria e insegna letteratura italiana. Nel 1825 diventa il primo professore di Letteratura Italiana nella storia del Columbia College poi Columbia University di Manhattan e organizza la “Prima Americana “ del Don Giovanni al Park Theater della capitale. Dal 1825 al 1827 pubblica le sue Memorie in 3 volumi e nel 1833 in collaborazione con il nobile Don Vincenzo Riva- Finoli crea un teatro : Italia Opera House che inaugura con La gazza ladra di Gioachino Rossini. Lascia questo mondo all’età di 89 anni alla fine di un percorso infaticabile, illuminato e fecondo non lasciando neanche una tomba dove i suoi amici possano ricordarlo. I resti del poeta inumati nel vecchio cimitero di Manhattan saranno poi trasferiti nel cimitero del Calvario a Queens in un luogo imprecisato.

Nella carrellata di brani presentati nella serata scritti dal poeta per Cimarosa, Chianei, Martin Y Soler, Salieri, Von Winter, Storace, Mozart, Weigl e Garcia c’è tutta la cultura , la genialità e la profondità di un uomo che, con un linguaggio universale ha sedotto, appassionato ed elevato un innumerevole popolo assetato di bellezza. Imprevedibile, rivoluzionario e al tempo stesso intimo e fedele compagno dell’anima di ciascuno, ha illuminato il cielo sorprendendo tutti, unendo il vecchio e nuovo mondo col fil rouge dell’idioma italiano che prende vita nel canto.