Incontro con Francesco Filidei

GENOVA – Il prossimo 8 ottobre il Teatro Carlo Felice manderà in scena un dittico che, nel merito della “formula” è del tutto innovativo: infatti l’opera Pagliacci di Ruggiero Leoncavallo sarà preceduta da un’azione danzata dal titolo Sull’essere angeli, musica di Francesco Filidei; coreografia, scene, costumi e luci di Virgilio Sieni. L’incontro di uno dei coreografi fra i più importanti dell’attuale panorama europeo (Sieni) e di uno dei compositori più editi ed eseguiti della generazione post-Darmstadt (Filidei) abbina spettacolo musicale e appuntamento culturale in un unico, originale, evento.
Francesco Filidei è nato a Pisa nel 1973 e vive da oltre 20 anni a Parigi. È organista e compositore; fra i riconoscimenti e gli incarichi più recenti citiamo il Premio Abbiati (2015), la nomina a Chevalier des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura della Repubblica francese (2016) e la consulenza musicale per la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia (2018).
Sull’essere angeli è un brano musicale della durata di circa 26 minuti, scritto originariamente per flauto e orchestra: ebbe la sua prima esecuzione assoluta il 2 aprile 2017 nell’ambito della trentesima edizione del Primtemps des Arts di Montecarlo. Ora Filidei lo ha ripreso, adattandolo alla danza. Da qui partiamo per l’intervista:

Maestro Filidei come e perché ha composto, a suo tempo, Sull’essere angeli ?
Era un desiderio che portavo avanti dagli anni di conservatorio, quando incontrai per la prima volta Mario Caroli, uno fra i più straordinari interpreti che ho avuto occasione di conoscere. Quando Marc Monnet, all’epoca direttore artistico del festival Printemps des Arts, mi chiese un lavoro per orchestra, gli proposi di scrivere per Mario, e l’avventura cominciò.

Quale differenza significativa può indicarci fra la prima e la seconda versione del Concerto per flauto e orchestra?
Oltre alla riduzione degli archi, nella seconda versione ho ampliato considerevolmente il climax finale e la coda, dando alla forma un aspetto più narrativo, utile credo allo sviluppo di un pensiero coreografico.

Lei ebbe a dire che «… il brano ha dentro di sé una solitudine struggente; è un componimento tragico di carattere mahleriano nel quale le voci si sciolgono nei registri più disparati…»: è ancora così in questa recente versione?
Io ho detto questo? Se l’ho detto probabilmente lo pensavo, ma non bisogna mai dare troppo ascolto a quello che dicono i compositori dei propri lavori…

Sarà presente a Genova per la prima di Sull’essere angeli versione danzata?
Certamente! Non è stato facile perché in questi mesi si sono concentrati appuntamenti accumulati nel corso di due anni di pandemia, ma non posso mancare a questa “prima” al Teatro Carlo Felice.

 Parliamo della sua esperienza maturata: la condizione di organista come la aiuta o la ispira per la sua attività di compositore?
L’organo non è uno strumento, è un insieme di strumenti a disposizione, quando lo si frequenta per anni se ne resta influenzati profondamente, nel modo di costruire, nel modo di pensare l’orchestrazione, ma anche nell’aspetto rituale e cerimoniale che ci si porta dietro.

Veniamo al teatro musicale: lei ha scritto opere liriche, ce le elenchi e descriva sommariamente
Dopo un oratorio su Franco Serantini (N.N.) giovane anarchico ucciso agli inizi degli anni Settanta del Novecento durante alcuni scontri con la polizia,  ho scritto un Giordano Bruno, opera quasi retablo che inquadra le scene in una cornice formale ferrea; e successivamente ho composto l’Inondation per l’Opera Comique di Parigi, su un libretto di Joël Pommerat tratto da un racconto di Zamiatine, storia terrificante che mi ha lasciato segni indelebili per la violenza che si porta appresso.

Ho appena finito un’altra Passione/Opera sulla Maschera della Morte Rossa di E. A. Poe;  sarà eseguita in prima assoluta fra pochi giorni a Donaueschingen, Amburgo, Colonia.

Che cosa richiederebbe alla voce umana per essere “intonata” e/o “in sintonia” con le idee e le intenzioni musicali di una cantata o di un’opera per lei ideale? Ritiene indispensabile l’uso della voce impostata, oppure è meglio la voce naturale, oppure – ancora – possono indifferentemente essere alternate la voce impostata e la voce naturale, ai fini espressivi?
Tutto dipende dal progetto che si porta avanti. Per l’Inondation le voci sono impostate ed il canto ricorda volutamente quello dei primi del Novecento, mentre l’orchestra fa di tutto e di più per rinnovarsi, quasi un quadro impressionista sul quale fosse stata gettata una colata di vernice fosforescente.
Ma il progetto era legato  all’Opera Comique, un teatro pieno di storia che ha visto nascere Carmen, Pelléas et Mélisande, Butterfly nella versione che conosciamo oggi,  e giocavo con la storia.
Per la Maschera della Morte Rossa, scritta per la cerimonia di chiusura del centenario di Donaueschingen, il festival di Musica Contemporanea più importante in Germania, le voci invece saranno amplificate ed il canto avvicinerà anche la musica Pop.

Aiutiamo i nostri lettori a orientarsi nel variegato panorama della musica contemporanea: lei come preferirebbe essere definito? Un compositore dell’alea? Un minimalista? Un neoromantico? Un neoclassico? Oppure…
Proprio non saprei. Un “finto ironico post-romantico con tendenze mistiche” potrebbe bastare? Lasciamo perdere…

 Parliamo di sensibilità del compositore: per creare la sua musica attende l’ispirazione giusta direttamente dalla sua immaginazione, oppure l’ispirazione è conseguente a un impatto emotivo (una gioia, un dolore, una rabbia, una necessità…) che l’ha coinvolta?
Si parte da un impulso, un’energia che spinge contro le proprie barriere per uscirne. Come poi la cosa si sviluppi e che risultati dia è tutto un altro paio di maniche. Di sicuro è comunque importante la data di consegna del lavoro.

Parliamo del futuro più prossimo: a quali progetti sta lavorando?
Mentre stiamo scrivendo sono impegnato da un pezzo per Orchestra; e uno Stabat Mater.

Parliamo di sogni: qual è il suo sogno nel cassetto?
Non lo so, non ho avuto ancora il coraggio di aprirlo quel cassetto, non sia mai fosse vuoto.

Un’ultima domanda (può anche non rispondere, se vuole…): nel 33esimo canto della Divina Commedia Dante scrive la famosa invettiva «Ahi Pisa, vituperio de le genti / del bel paese là dove ’l sì suona» divenuta anche simbolo dell’ingiustizia e dell’ostracismo pregiudiziale della città verso propri figli. Lei ha dovuto espatriare per veder riconosciuti merito e talento: qual è il suo legame di amore/odio – eventualmente ci fosse – verso la città natale?
Eh!… se non avessimo perso alla Meloria… lei è di Genova, per caso?