Giselle, la danza della passione

Fra il 1942 e il 1943 i bombardamenti che colpirono Genova, oltre a seminare morti ovunque, distrussero quasi interamente i palcoscenici cittadini. Crollarono il Politeama Genovese, il Politeama Margherita, il Paganini, sopravvisse solo il Modena, mentre il Carlo Felice fu sventrato da bombe incendiarie che lasciarono le mura esterne ma polverizzarono gli interni. Le sventure della nostra città mi sono tornate alla mente ieri sera assistendo ai Parchi di Nervi al balletto Giselle, secondo titolo di danza del “Nervi Music Ballet Festival”.

Protagonista era una compagnia di ballerini provenienti dai Teatri ucraini di Kiev, Kharkhiv, Lviv e Odessa: artisti che allo scoppio della guerra sono riusciti ad espatriare (in tanti portando con sé i familiari) e da allora vivono da profughi proponendo in giro la loro arte. I loro teatri d’origine, probabilmente in parte o in toto non esistono più. Sopravvive la loro determinazione di essere comunque artisti e di essere artisti ucraini, impegnati a lanciare ovunque il loro messaggio di invocazione alla pace. Ieri al termine della serata è stata esposta sul palcoscenico una bandiera ucraina mentre veniva intonato l’inno nazionale.

In questo contesto ha poco senso soffermarsi sullo spettacolo parso ben al di sotto di quanto  ci si deve attendere su un palcoscenico prestigioso come  quello dei Parchi che ha accolto nella sua storia grandi Giselle. Troppe sono le “attenuanti” per gli artisti impegnati e sarebbe ingeneroso  formulare un giudizio prescindendo dalla tragedia che ogni componente del gruppo ha vissuto o sta vivendo.

Giselle, musica di Adam, è uno dei capisaldi della letteratura ballettistica ottocentesca, basata su una storia scritta da Theophile Gautier che vi inserì tutti gli ingredienti tipicamente romantici dell’epoca: l’amore impossibile, la follia, la leggenda delle Villi, le fanciulle morte prima delle nozze, trasformate in spiriti vendicativi.

Un grande balletto che unisce pagine solistiche di brillante virtuosismo a insiemi di forte impatto espressivo, il tutto su una partitura non priva di influenze rossiniane, che è certamente fra le più interessanti nell’ambito della letteratura per danza. Un impegno decisamente gravoso che i solisti e il corpo di ballo hanno affrontato con generosità ed entusiasmo, meritando comunque i cordiali applausi finali da parte di un pubblico non foltissimo.