Gibboni, un italiano, finalmente al Paganini

Dopo il Nobel per la fisica a Giorgio Parisi, dopo una serie di belle e inimmaginabili vittorie in campo sportivo (la nazionale di Mancini, le pallavoliste, le tante medaglie alle Olimpiadi), ciliegina sulla torta, è arrivato anche il trionfo al Premio Paganini. Atteso ventiquattro anni, da quell’ormai lontano 1997 che aveva visto affermarsi Giovanni Angeleri.

Il quarto nome italiano a essere scritto nell’albo d’oro del Concorso violinistico (dopo il citato Angeleri, Accardo e Quarta) è quello di Giuseppe Gibboni che ha entusiasmato pubblico e giuria in una giornata davvero bella per Genova e per il suo Paganini.

Nel primo pomeriggio, infatti, era stata inaugurata proprio davanti al Carlo Felice una statua dedicata a Paganini, voluta dalla Fondazione Pallavicino e scolpita con estro e intelligenza da Livio Scarpella. Al di là di ogni discussione sulla sua collocazione (deve dare le spalle al Teatro o guardarlo?) l’opera è monumentale, alta due metri in bronzo dorato e colpisce per la dinamicità dei gesti e l’intensità dello sguardo. Un Paganini vivo che sembra fissare scuro i genovesi rei di avergli abbattuto la casa. Un’opera importante che fa per fortuna dimenticare l’altra statua  (quella con la testa mozzata) per fortuna seminascosta in uno dei foyer superiori del Teatro.

Gibboni durante la prova

Ma torniamo a Gibboni che il nostro pubblico aveva già applaudito nell’ultima edizione del 2018 e lo scorso anno lo aveva ammirato in duo con la chitarrista Carlotta Dalia nel concerto inaugurale del Paganini Genova Festival 2020.

Allora il giovane artista aveva impressionato per la verve virtuosistica, ma era parso un talento ancora in via di maturazione. In questa edizione del Premio, invece, ha dimostrato di aver fatto un notevole salto in avanti: la tecnica è eccellente, l’intonazione impeccabile (si pensi agli armonici nitidissimi del concerto paganiniano), ma c’è anche un rigore stilistico, una eleganza melodica degni di un artista ben più maturo. Così alla intelligenza stilistica con cui ha saputo affrontare sabato il Concerto di Cajkovskij, si è aggiunta domenica una interpretazione del Concerto n.1 di Paganini che è davvero difficile ascoltare così.

Gibboni, dunque, è stato il trionfatore di una edizione che in finale ha visto una marcata divisione di valori. Due concorrenti erano nettamente superiori agli altri.

Nurie Chung

Accanto a Gibboni merita una segnalazione il secondo classificato, il sudcoreano di appena 16 anni Nurie Chung, un talento che farà certamente parlare di sé e che domenica ha regalato una lettura davvero convincente del Concerto di Sibelius.

Dietro a loro, ben distanziate sul piano qualitativo, terze ex aequo la svedese ventiquattrenne Ava Bahari e la tedesca ventiduenne Lara Boschkor. A completare il gruppo la britannica Louisa Staples e la russa Olga Artyugina, quest’ultima davvero in imbarazzante difficoltà a districarsi nelle insidie paganiniane.

Gibboni e Chung alla premiazione

 

Due osservazioni si possono fare a conclusione del Premio. Quest’anno è stato tentato un esperimento, quello di affidare la direzione dell’orchestra al presidente della giuria, Sergej Krylov. Senza nulla togliere alle evidenti qualità dell’insigne artista, crediamo che tale esperimento non si debba più ripetere. A nostro parere la presenza sul podio di un componente della Giuria (per di più grande violinista) rischia di mettere in forte imbarazzo i concorrenti. In secondo luogo, si potrebbe ipotizzare di limitare a quattro il numero dei finalisti (e di conseguenza a dodici quello dei semifinalisti) per evitare una eccessiva lunghezza (cinque ore) delle due prove finali. Il numero 6 andava bene quando del Concerto di Paganini si eseguiva solo il primo tempo; avendo scelto, giustamente, di rendere obbligatorio l’esecuzione integrale, il minutaggio aumenta eccessivamente obbligando l’orchestra e anche la giuria a un tour de force francamente evitabile.

Calato il sipario sul Premio Paganini, il Festival dedicato al grande artista genovese entra ora nella sua fase finale. Oggi (ore 15) prende il via alla Berio il Convegno internazionale di studi che si concluderà domani e coinvolgerà un nutrito numero di musicologi italiani e stranieri. Mercoledì sera a Palazzo Tursi, Kevin Zhu, vincitore dell’edizione del Premio del 2018 (domenica era sul palco a premiare il suo successore) avrà finalmente l’onore di suonare il Cannone, il Guarneri del Gesù appartenuto a Paganini. Il giorno successivo terrà un ulteriore recital con la pianista Elisa Tomellini all’Oratorio di San Filippo. Sempre nella giornata di giovedì a chiusura del Festival l’Auditorium Montale ospiterà alle 17 un incontro pubblico dal titolo “Paganini domani”: un momento di riflessione per discutere su quello che c’è stato in questo intenso mese di ottobre e fare qualche anticipazione sul 2022, anno in cui ricorrerà il 240° anniversario della nascita di Paganini.