Le insidie del Turco rossiniano

Applausi ieri sera al Carlo Felice per l’ultimo titolo del cartellone lirico, Il turco in Italia di Rossini, presentato in una edizione giovane con i cantanti formati nell’Accademia di Alto Perfezionamento lirico creata lo scorso anno al Carlo Felice e affidata alla direzione di Francesco Meli coadiuvato dalla moglie  Serena Gamberoni.

L’opera

Scritta nel 1814, subito dopo il trionfo dell’Italiana in Algeri, Il turco in Italia non appartiene alla triade dei capolavori rossiniani del teatro comico (con l’Italiana, appunto, i successivi Barbiere di Siviglia e Cenerentola), tuttavia presenta due aspetti interessanti. Intanto sul piano drammaturgico appare originale l’idea di mettere in scena un Poeta in cerca di una trama, una sorta di curiosa anticipazione pirandelliana; e poi la partitura, pur non regalando pagine indimenticabili, appare straripante di concertati trascinanti, di duetti giocati sulla serrata contrapposizione di scioglilingua incredibili sul modello del Cimarosa del Matrimonio segreto: si pensi all’esilarante scontro fra Geronimo e il Conte qui in qualche modo “ripreso” nello scontro fra Geronio e Selim. La vivacità ritmica, la ricchezza dei concertati rende naturalmente l’esecuzione complessa e ci vogliono leggerezza nella direzione e voci agili e mature sul piano esecutivo.

L’esecuzione

Se il cast era giovane, l’allestimento era “storico”. Il Teatro ha ripreso felicemente la scenografia ormai classica di Lele Luzzati con i costumi di Santuzza Calì.

Ispirandosi all’idea del “Teatro nel teatro”, Luzzati ha messo sul palcoscenico un teatro all’italiana, popolando i palchi di maschere napoletane. Una scena colorata, divertente, fiabesca come era nello stile geniale del grande artista.

Inventare una regia nuova in un impianto già confezionato non è facile. Italo Nunziata ha superato l’esame con intelligenza, sfruttando appieno lo spazio, giocando con i tanti Pulcinella che affollano di tanto in tanto la scena con gag e belle invenzioni. Ben caratterizzati i personaggi, il tutto, però, sempre con misura, senza gigionerie che l’opera comica a volte erroneamente suggerisce.

Sesto Quatrini è direttore solido che conosce a fondo il repertorio italiano. Presentando l’opera aveva anticipato alcune scelte interpretative: apertura di tutti i tagli, ritmo serrato nella esecuzione, soprattutto nei concertati dai scioglilingua quasi ineseguibili, cadenze scritte appositamente per il cast. Scelte interessanti che forse richiedrebbero un cast collaudato ed esperto.

Lettura, dunque, a tratti piacevole soprattutto nei momenti più liricamente tesi. Alcuni concertati, invece, che richiedono leggerezza e assoluta padronanza tecnica, sono stati affrontati con un piglio, a nostro parere, eccessivo il che ha messo in qualche difficoltà i cantanti e compromesso l’equilibrio fonico fra palcoscenico e buca orchestrale.

Il cast, come si è detto, era formato da giovani che hanno lavorato duramente in questi mesi. Tutti hanno evidenziato buone qualità alcuni con potenzialità ancora da maturare e perfezionare.

Iolanda Massimo è stata una piacevolissima Fiorilla, Francesco Auriemma ha delineato un Geronimo convincente, Omar Cepparolli ha vestito con verve i panni di Selim, Gabriella Ingenito ha mostrato buone qualità vocali in Zaida, Nicola Zambon è stato un ironico Prosdocimo, Antonio Mandrillo in Don Narciso ha esibito qualità vocali notevoli ancora da affinare, Matteo Straffi ha vestito i panni di Albazar.

Sciopero e pubblico

La serata si era aperta nell’incertezza per lo sciopero dichiarato da una sigla sindacale (la Cgil) che può contare in teatro soprattutto sui tecnici e sul personale d’ufficio. L’agitazione ha provocato solo una limitazione nelle luci: sono mancati, secondo quanto annunciato in platea prima dell’inizio dello spettacolo, effetti luce previsti dalla regia.

Al di là del fatto che lo sciopero non ha compromesso lo spettacolo, resta il fatto che si tratta della seconda agitazione dichiarata da una sigla sindacale in poche settimane. Il clima in Teatro, insomma, è tutt’altro che tranquillo e Nervi è alle porte.

Infine, il pubblico: la platea è stata “salvata” dalla presenza massiccia di studenti accolti gratuitamente sulla base della generosa sponsorizzazione di Iren. Senza di loro il teatro sarebbe stato desolantemente sguarnito. Il “vecchio” pubblico dov’è finito?